Decreto Dignità 2018: Tutte le novità sull’occupazione

15/08/2018 Non attivi Di informolavoro
Decreto Dignità 2018: Tutte le novità sull’occupazione

Varato il primo provvedimento di Luigi Di Maio come Ministro dello Sviluppo: il Decreto Dignità. Scopriamone tutte le caratteristiche.

Dopo mesi di stallo e di contrasti politici tutt’altro che proficui, il governo Conte, che vede come vicepresidenti del consiglio il Ministro dell’Interno Salvini e il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi di Maio, ha finalmente visto la luce ed ha iniziato la sua attività legislativa.

Al di là dei dibattiti politici e delle opinioni personali dei singoli, gli interventi iniziali del neonato Governo si sono concentrati innanzitutto sui temi relativi alla lotta all’immigrazione e poi, come annunciato ampiamente in campagna elettorale, sono state riviste le politiche sociali, con un occhio particolare ai pensionati d’oro e ai vitalizi. Rispetto all’occupazione ed alle manovre più strettamente connesse al mercato del lavoro, lo scorso 14 Luglio ha visto la luce alla Camera dei Deputati il cosiddetto Decreto Dignità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale sotto la voce Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.

Questo provvedimento, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle, partito di cui Luigi di Maio è primo esponente e leader, ha assunto le vesti del Decreto Legge per semplificare l’iter burocratico necessario alla sua conversione effettiva in legge dello Stato – che, ricordiamo, deve avvenire non oltre il termine di 60 giorni dalla pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale – e per essere immediatamente esecutivo dopo il primo iter parlamentare che ha portato alla pubblicazione.

Da quel momento in poi è scattato il conto alla rovescia per la conversione in legge e le opposizioni hanno iniziato la loro fase di revisione del testo di legge facendo piovere sul decreto una raffica di emendamenti. Scopriamo insieme i punti salienti della nuova normativa ed analizziamo insieme costi e benefici della manovra.

Decreto Dignità: i quattro pilastri fondamentali

Il Consiglio dei Ministri, con l’iter normalmente previsto per questa tipologia di atti, che vengono definiti dalla giurisprudenza come aventi forza di legge, ha varato il Decreto Dignità la cui stesura si è concentrata principalmente su quattro punti fondamentali, molto sentiti dalla collettività e che danno a tutto il quadro normativo una forte valenza sociale, trattando tematiche per le quali il partito proponente ha raccolto svariate migliaia di adesioni durante l’ultima tornata elettorale.

Di seguito, una breve sinossi dei quattro punti; per conoscerne i dettagli e tutte le specificità continua a leggere l’articolo.

Il decreto legge è stato varato di iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico e i punti cardine sui quali fonda i suoi interventi sono:

  1. Semplificazione fiscale ed accorgimenti in materia di misurazione dei redditi della popolazione
  2. Stop alle delocalizzazioni: disincentivi applicati a tutte le aziende che spostano le loro attività commerciali
  3. Modifica e miglioramento del Jobs Act, con l’obiettivo di ridurre la precarietà.
  4. Restrizioni per il gioco d’azzardo ed abolizione delle attività pubblicitarie che lo sponsorizzano.

Il decreto che ha iniziato la sua fase di discussione in Parlamento, ha già ricevuto una raffica di critiche sia dalle opposizioni che hanno fatto fronte comune per contrastarne l’entrata in vigore, sia dalle imprese produttrici che, con Confindustria a capeggiarle, non hanno esitato a manifestare le loro perplessità sulla sostenibilità del provvedimento ed a richiedere integrazioni e migliorie.

Di Maio, dal canto suo, consapevole della forte valenza sociale della sua prima iniziativa di legge, si è detto indisponibile ad arretrare anche di un passo rispetto alle posizioni prese con il Decreto Dignità confidando che le tematiche trattate nel testo, vengano approvate senza modifiche sostanziali o stravolgimento della natura del provvedimento, che è varato con l’obiettivo ambizioso di migliorare i livelli di occupazione in tutta la Penisola e di innescare un circuito produttivo sano, in grado di supportare i lavoratori, incentivandoli ad essere parte attiva della loro azienda e del tessuto economico di tutto il Paese.

Tra gli emendamenti che sono stati presentati per modificare il decreto durante la discussione parlamentare, vale la pena di citare quelli più rilevanti, ovvero nel dettaglio:

È stata richiesta la proroga del bonus per le assunzioni dei giovani sotto i 35 anni, per contratti a termine della durata massima di due anni e quattro proroghe ammissibili

In questo perimetro è stato richiesto che le imprese produttrici possano rinnovare contratti oltre i 12 mesi senza l’inserimento della causale del rinnovo, che altrimenti col nuovo Decreto sarebbe obbligatoria
È stato inoltre richiesto di rafforzare i punti operativi e il personale che presta servizio presso i centri per l’impiego, prevedendo se necessario anche un accordo Stato – Regioni.

Modifiche alla disciplina per le delocalizzazioni, di cui tratteremo specificamente tra poco

Introduzione dei nuovi voucher per il pagamento delle prestazioni occasionali dei propri dipendenti, destinati ai pensionati, ai disoccupati ed ai giovani alla prima occupazione.

Decreto dignità: il giro di vite sui contratti a termine per contrastare il precariato

La disciplina che regola i contratti a tempo determinato è stata affrontata in questo provvedimento, nella misura in cui il Governo tende ad incentivare la conversione di questa tipologia di contratti, in contratti di lavoro stabili e sarà immediatamente applicabile sia ai contratti di lavoro stipulati successivamente alla promulgazione, sia ai rinnovi ed alle proroghe richieste nel medesimo periodo. I contratti che vengono stipulati dalle amministrazioni pubbliche fanno eccezione e non seguono la disciplina contemplata nel decreto legge.

Il contratto di lavoro subordinato, per il nuovo decreto, potrà durare al massimo 12 mesi, con la possibilità per l’azienda di richiedere sino a 4 proroghe dello stesso, per le quali sarà obbligata ad indicare il motivo della richiesta – altrimenti detto causale -. L’articolo del provvedimento in questione modifica la disciplina impostata precedentemente dal governo Renzi con il Jobs Act.

Dal punto di vista amministrativo e fiscale, i contratti a tempo determinato costeranno mediamente lo 0,5% in più di prima, diventando maggiormente onerosi per le imprese che decideranno di stipularli. Questi costi si sommeranno all’1,4% già previsto dalla precedente riforma Fornero ed andranno ad alimentare le riserve per finanziare le indennità di disoccupazione.

Delocalizzazioni: le imprese che spostano le loro attività pagheranno multe salate se fruiscono degli incentivi dello Stato italiano

Gli aiuti di Stato, come ad esempio gli ecoincentivi per l’acquisto di una nuova auto, vengono versati direttamente dalle casse dell’Erario e quindi rappresentano un costo sostenuto dai cittadini. Il decreto si propone di porre un freno a tutte quelle aziende che, pur beneficiando di agevolazioni ed incentivi in Italia, delocalizzano la loro sede ed i loro cicli produttivi fuori dal Paese, provocando un aumento del tasso di disoccupazione e un indebolimento della nostra economia generale. Le sanzioni sono previste per le aziende che trasferiscono la loro attività al di fuori della Comunità Europea e possono arrivare anche a quintuplicare l’importo degli incentivi fruiti.

Pubblicità del gioco di azzardo: sarà proibita dal 2019

Tra le altre promesse del Governo targato Lega – 5 Stelle, era stata prevista anche una stretta al dilagare del fenomeno del gioco d’azzardo, in un’ottica più generale di riduzione del fenomeno della ludopatia in Italia, che interessa sempre più persone di tutte le età e di qualsiasi estrazione sociale. Per questa ragione, a partire dal prossimo 1 Gennaio, non sarà più consentito pubblicizzare i giochi d’azzardo sulle emittenti nazionali ed il divieto sarà esteso anche alle sponsorizzazioni di eventi, manifestazioni o particolari iniziative. Le sanzioni in questo perimetro si aggirano mediamente attorno al 5% del valore della sponsorizzazione stessa o della pubblicità e saranno destinati ad implementare la liquidità esistente nel fondo per il contrasto al gioco d’azzardo.

Revisione redditometro, spesometro e split payment

Gli interventi in questo perimetro si riconducono ad una revisione dello strumento statistico utilizzato per individuare il tenore di vita dei contribuenti, analizzandone le entrate monetarie rispetto alle uscite con un algoritmo che individua le compatibilità, definito Redditometro.

Lo spesometro, invece, è quel meccanismo per il quale le aziende produttrici inoltrano le fatture all’Agenzia delle Entrate, per il quale è stata prevista una proroga: le aziende potranno presentare le fatture relative al terzo trimestre del 2018 sino a febbraio 2019.

Lo split payment è quel meccanismo per il quale una azienda che presta servizio per una amministrazione pubblica, si vede trattenere l’iva da devolvere allo Stato direttamente dalle prestazioni erogate. Questa norma è stata rivista introducendo un’eccezione per i liberi professionisti per i quali l’applicazione dell’iva verrà effettuata con una operazione a parte.